sabato 14 dicembre 2013

#20 #dicembre #manifestazione #cittadina per il #trasporto #pubblico

20 Dicembre manifestazione cittadina per il diritto alla mobilità IL TRASPORTO PUBBLICO E’ UN BENE COMUNE Le manifestazioni e gli scioperi decisivi del trasporto pubblico locale di Genova, Firenze, Livorno, Pisa e tante altre città, ci confermano che è in atto un preciso piano di spacchettamento e privatizzazione delle aziende municipalizzate. L’accordo firmato a Genova non è che una conferma. Si sperpera per anni il patrimonio pubblico e poi, quando il servizio diventa ingestibile visto il default, si convince la cittadinanza che la privatizzazione è l’unica speranza di avere un servizio essenziale. Parallelamente si mettono a tacere le storie, sempre uguali, di sprechi, consulenze esose, manager strapagati. Come lavoratori e cittadini che si preoccupano della cosa pubblica, guardiamo con interesse il dibattito di gran moda in questi giorni sul futuro dell’Atac, “l’opera di rigorosa ristrutturazione della spesa e riordino delle società municipalizzate” che tutti reclamano a gran voce in questi mesi non è stata neanche presa in considerazione. Il Sindaco ha parlato di una moralizzazione dell’Atac innescata dal momento del suo ingresso in Campidoglio. Peccato che nessuno se ne sia accorto. Ci si aspettava un segnale di discontinuità col passato attraverso l’emarginazione dei personaggi collusi con le precedenti gestioni e una presa di posizione chiara a favore dei lavoratori che vedono peggiorare le condizioni del loro lavoro. Ricordiamo di aver visto in questi lunghi anni una continuità nella mala gestione (Rutelli, Veltroni e infine Alemanno), esclusivamente attribuibile alla politiche di precarizzazione dei lavoratori ed un peggioramento del diritto ad una mobilità accessibile, efficiente e sostenibile. Il trasporto pubblico è da anni in totale default di diritti per i lavoratori e di servizi per gli utenti. Siamo stremati dagli straordinari obbligatori, dal traffico, dai cantieri eterni, dagli scandali, dagli sprechi di risorse pubbliche, dall'aumento del titolo di viaggio a fronte dal servizio pessimo che viene fornito. Il diritto alla mobilità per centinaia di migliaia di pendolari non è neanche minimamente garantito. Il debito Atac (1,6mld) non si misura con le inefficienze dei lavoratori o con il mancato pagamento dei biglietti come ci vogliono far credere, ma con i 70 milioni di biglietti falsi l'anno prodotti proprio dalle tipografie interne all'Atac che andavo a rimpinguare le casse dei partiti, dalla parentopoli di Alemanno, dagli stipendi d'oro dei suoi dirigenti, dagli appalti gonfiati e dal taglio dei finanziamenti pubblici date dalla “spending review” negli ultimi governi multicolore. Riteniamo necessario aprire anche a Roma una mobilitazione che discuta del problema del mantenimento di un Atac pubblica, contro le ruberie della politica e degli eventuali privati come già avvenuto a Firenze. Vogliamo discutere di un diritto ad una mobilità efficiente e garantita per tutti. L'alleanza dei lavoratori del trasporto pubblico con i cittadini è l'unica soluzione vincente, per mettere con le spalle al muro l'amministrazione comunale e per dare uno slancio maggiore per la preparazione del corteo nazionale di Gennaio proposto dagli autoferrotranvieri di tutta Italia. Le reti sociali dell'acqua, rifiuti, energia, casa, scuola, sanità, che pongono nella quotidianità la discriminante "del pubblico contro il privato", sono gli altri interlocutori privilegiati di questa grande battaglia per il benessere collettivo. Per questi motivi diamo appuntamento a tutti i cittadini, gli utenti, i comitati di pendolari, i lavoratori dell’Atac e delle aziende esternalizzate alla manifestazione che si svolgerà il 20 dicembre dal Colosseo al Campidoglio. Siamo arrivati al capolinea, vogliamo che siano presi immediatamente provvedimenti in merito: - No alle privatizzazioni del servizio pubblico  - Riqualificazione e potenziamento del servizio offerto alla cittadinanza  - 1000 assunzioni subito per un servizio che non si regga sugli straordinari di chi lavora  - Stabilizzazione dei lavoratori interinali chiamati solo nei periodi di maggiore necessità  - Pagamento di tutti gli arretrati agli autoferrotranvieri  - Razionalizzazione delle risorse aziendali, la riduzione delle posizioni amministrative e dei benefit ad personam e l'azzeramento degli attuali vertici aziendali - Ricollocazione delle figure improduttive in posizioni operative, così da colmare la carenza di personale attivo  - Revisione delle procedure di appalto per una riduzione degli sprechi e una maggiore trasparenza  - Accesso alla mobilità per tutti, differenziazione del titolo di viaggio, un percorso di agevolazione meno burocratizzato e accesso gratuito per gli studenti (anche non residenti), i disoccupati e precari eliminando le tessere di libera circolazione elargite come bonus elettorali 20 DICEMBRE MANIFESTAZIONE DAL COLOSSEO AL CAMPIDOGLIO ORE 17 lavoratori ed utenti Atac contro le privatizzazioni e per il diritto alla mobilità

martedì 10 dicembre 2013

#9dicembre la #storia ci dice.....

L'alleanza storica e, per così dire, «naturale» dovrebbe essere tra impoveriti e poveri, proletarizzati e proletari. Ogni volta che i poteri costituiti riescono a scongiurare quest'alleanza, giocando sul fatto che il ceto medio retrocesso ha ancora i valori e disvalori di prima e si crede ancora appartenente alla classe di prima, ci perdiamo tutti quanti. Il punto è che in Italia questo giochetto dopo la prima guerra mondiale ha portato al fascismo, che era una falsa rivoluzione confezionata a uso e consumo dei ceti medi, che ha avuto carta bianca dai padroni e ha prodotto morte e distruzione. Da allora, di «false rivoluzioni a uso e consumo dei ceti medi» per impedire che la loro proletarizzazione avesse un esito indesiderato ne abbiamo viste altre, e forse una la stiamo vedendo anche adesso.

Luci e ombre sull'Italia del #9dicembre

lunedì 4 novembre 2013

#Roma #ATAC #trasportopubblico e #obbligostraordinari

Roma, la lotta degli autisti contro l'arroganza dell'Atac

Monta la protesta autogestita degli autisti Atac. Oggi è arrivato un piccolo assaggio, la "scopertura dello straordinario". E l'azienda è andata subito in allarme, tanto da mobilitare la prefettura. Il punto è che non si tratta di uno sciopero ma dell'osservanza scrupolosa delle regole del servizio. Per ora i numeri, di quella che possiamo però definire una protesta, sono di tutto rispetto. In undici rimesse Atac tutte percentuali che vanno dall'80 al 100%. Solo in un caso, a Portonaccio, la percentuale di quelli che si sono rifiutati di fare lo straordinario si è fermata al 50%. La protesta durerà per tutta la settimana. Il ballo è appena cominciato. Perché l'Atac è nel panico? Semplice, il lavoro straordinario a causa della forte carenza d'organico, permette che ben il 30% del servizio vada avanti. Senza contare che la media delle ferie non godute dovrebbe aggirarsi intorno ai due mesi. Tutte voci che gravano sul bilancio dell'azienda, ovviamente. Una vera e propria follia gestionale, in una azienda di trasporti dove per ogni autista ci sono quattro addetti amministrativi. Certo, Atac è stata il "fiore all'occhiello" della parentopoli di Alemanno, ma la situazione ormai è al collasso. Mercoledì ci sarà il sit in sotto le finestre del Campidoglio ma gli autisti avvertono "noi ci distingueremo dai sindacati". E non serve tanta fantasia per capirne le ragioni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata corresponsione del premio di risultato pattuito: solo 250 euro su circa 700. E la reazione sindacale si è fatta attendere o è stata inadeguata. Di per sé sembra una cosa da nulla. In realtà, agli occhi degli autisti, che sono costrettti a subire turni massacranti di lavoro, malattie professionali, mezzi inadeguati in tutto e per tutto, fino alla mancanza dei bagni chimici ai capolinea, ha rappresentato l'ultimo torto. E all'ultimo torto, si sa, si reagisce. Basti dire che l'autorganizzazione è nata in poche ore sui socialnetwork ed ha raccolto più di tremila contatti. I dipendenti sono in totale cinquemila. Fatti due calcoli, come si diceva una volta, l'adesione è stata massiccia. "Noi scopriremo gli straordinari dal 4 al 10 novembre - scrivono su Fb -. Se tutto va come deve Roma sarà al tappeto e sarebbe interessante raccontare la verità su una azienda che toglie soldi alla forza lavoro in immensa carenza d organico mentre stipendia i dirigenti con decine di migliaia di euro l anno. Dati pubblicati su internet".

domenica 3 novembre 2013

#PD e #uscitadisicurezza

Ai dirigenti Pd consigliamo la visione dell’ultimo film di Checco Zalone: si divertiranno e avranno modo di riflettere sul personaggio che lo stesso autore ha così descritto a Malcom Pagani: “Un disgraziato che si mostra più stronzo dei ricchi, ambisce solo ad assomigliargli e alla fine, diventa peggio di loro”. Non è in qualche modo la parabola del loro partito, nato per “cambiare l’Italia” e che invece fa combutta di governo con il nemico che doveva cacciare, rischiando di spappolarsi tra mille faide interne? Prendete le ultime cronache congressuali: dalle Alpi al Lilibeo un’esplosione di tessere fasulle con i clan locali che arruolano seduta stante plotoni di immigrati e perfino gente del Pdl, per accaparrarsi quote di potere. Mentre i veri militanti disertano nauseati le vecchie sezioni ora chiamate circoli: dei ring dove i capatàz finiscono sovente per darsele di santa ragione. Senza contare i pugnali nell’ombra, che spiegano la scelta democratica e prudente di andare al voto palese, onde evitare gli agguati dei franchi tiratori, quando il Senato dovrà pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi. Come la peggiore Dc, dice qualcuno: paragone che l’esperto Cirino Pomicino respinge, non senza qualche ragione, ricordando che lo scudocrociato era un partito vero e non un marketing leaderistico senza prodotto. A Matteo Renzi le orecchie dovrebbero fischiare anche per la transumanza di facce siciliane poco raccomandabili che sul carro del vincitore vogliono pasteggiare a champagne, altro che spingere. Il giovane sindaco può vincere tutte le primarie che vuole, ma costoro poi presentano il conto: questo il senso del pizzino. Era inevitabile: per vent’anni il miliardario di Arcore è stato un perfetto alibi morale per i suoi presunti oppositori. Lui, per dire, frodava il fisco, comprava senatori, frequentava minorenni e loro buttavano la polvere sotto il tappeto. Stavano al gioco, con i Penati di turno, percettori di buste preparate da solerti segretarie e intanto scendevano in piazza contro il Caimano cattivone. Ma ora che a palazzo Grazioli stanno (forse) per spegnersi le luci, l’alibi vacilla e le magagne altrui spuntano come i funghi con le piogge autunnali. E può succedere che, dopo la nipote di Mubarak, tocchi alla figlia di Ligresti. E che, scoperto il peccatuccio, vengano addotte, guarda un po’, identiche ragioni “umanitarie”. Certo, una Guardasigilli è più presentabile di un pregiudicato, ma la protesta dei berluscones – perché a lui non credete e a lei sì? – non sembra del tutto campata in aria. “Parola di ministro” è un buon titolo per il prossimo film comico di successo.

sabato 2 novembre 2013

#Segui #Appello del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo, del Movimento Nonviolento, dell’Ass. Antimafie Rita Atria e di PeaceLink


La criminalizzazione della protesta sociale si estende rapidamente nel mondo intero.






Travaglio, Rampini e il ministro-testimonial degli F35 a sua insaputa.
Non dev’essere parso vero a due giornalisti scafati del calibro di Marco Travaglio e Federico Rampini trovarsi di fronte giovedì sera negli studi romani dell’arrembante programma televisivo condotto da Michele Santoro “Servizio Pubblico” il ministro della Difesa Mario Mauro. Lo stesso ministro che il giorno prima era apparso “a sua insaputa” (!) nello spot presentato a New York dalla Lockheed Martin per promuovere il cacciabombardiere F-35. La notizia all’ignaro ministro l’aveva data in mattinata proprio Rampini su “la Repubblica”.

I fatti
Giovedì 31 ottobre, “la Repubblica” pubblica a tutta pagina un servizio del suo prestigioso corrispondente da New York, Federico Rampini. Il titolo è lapidario “Il ministro Mauro testimonial degli F35”. Rampini racconta con meticolosità alcuni passaggi dello spot in cui appare il ministro della Difesa italiano che dice: «To love peace you must arm peace. F35 does that». Traduzione: “Per amare la pace devi armare la pace, l’F35 lo fa”. Il commento del giornalista non lascia scampo a dubbi: “Il testimonial per promuovere il controverso caccia-bombardiere, è il ministro della Difesa italiano. Il volto di Mario Mauro, e quella frase virgolettata, campeggiano in testa a un elenco di sponsor stranieri. Ce li mostra, in una proiezione per la stampa a New York, il produttore: Lockheed Martin, colosso dell’industria bellica americana. I dirigenti della Lockheed hanno organizzato uno show di lusso, include la simulazione di volo in un cockpit (cabina di pilotaggio) virtuale dell'aereo militare”.
Una simulazione che – detto tra parentesi – deve aver ammaliato il corrispondente de “la Stampa”, Paolo Mastrolilli. Nel suo reportage da New York l'inviato ci descrive tutte le sue peripezie “Alla cloche dell’F35 nel centro di Manhattan”. Mastrolilli, forse perché troppo indaffarato ad abbattere un Mig 29 che lo inseguiva (nella simulazione, s’intende) e a gongolarsi per la benevola pacca sulle spalle e la lode dell’istruttore di turno non s’è manco accorto dello spot col ministro Mauro. O – anche se se n’è accorto – per lui quella era una non-notizia: “Vuoi mettere – avrà pensato l'esperto corrispondente – l’inezia di raccontare uno spot pubblicitario in cui appare un ministro della Repubblica rispetto all’emozione deflagrante di una simulazione di battaglia su un Joint Strike Fighter a Mac 1.6, la massima velocità possibile, ben oltre il muro del suono!”. (Agli appassionati del genere segnalo la video-notizia in inglese sul sito olandese “De Telegraaf”)

La piccata reazione del ministro Mauro
Al ministro Mauro non dev'essere sembrato vero (di apparire nello spot, intendo, non la delusione di non essere stato invitato alla simulazione di volo sul JSF). Forse perché lusingato o forse perché sgomento, ci ha dovuto riflettere un po’. Sta di fatto che ci ha impiegato più di mezza giornata per far emettere alla sua addetta-stampa un comunicato. Dai toni imperiosi, come s'addice ad un ministro della Difesa: “Chiunque utilizzi in modo improprio, diffamatorio o superficiale l’immagine o le dichiarazioni del ministro della Difesa Mario Mauro, ne risponderà nelle sedi legali deputate”. Punto.
Ma a chi si rivolge il ministro? Alla stampa che riporta la notizia o alla Lockheed Martin che l’ha piazzato – a sua insaputa parrebbe – in uno spottone proiettato alla stampa mondiale nel bel mezzo di Manhattan? Non è dato di sapere. Anche perché, l’addetta stampa del ministro deve aver diffuso il comunicato via fax visto che non appare sul sito del Ministero (forse per non renderlo troppo ufficiale, sai mai che dall'altra parte dell'oceano se ne accorgano) e che l’ultimo tweet del ministro Mauro risale al maggio scorso (chissà, forse pensa che gli americani gli spiino i tweet o vuoi vedere che il ministro ha perso la password?).

Il top del nazional-giornalismo: “Ai suoi comandi, signor Ministro!”
Il ministro Mauro, comunque, ha polsi d’acciaio e nervi calmi. In serata infatti è seduto nell’arena di “Servizio Pubblico”, il caustico programma televisivo condotto da Michele Santoro. Un’arena di fuoco che il ministro già conosce per aver dovuto affrontare le invettive di Vauro proprio sulle spese per gli F35. E sa per certo che stasera dovrà fronteggiare proprio Federico Rampini, il giornalista di Repubblica che in mattinata ha piazzato la notizia della sua apparizione nello spot targato Lockheed. E poi c’è Marco Travaglio. E lui ha il fiuto per le notizie. Le scova come un cane da tartufi nelle Langhe. Ma un ministro della Difesa non può certo tirarsi indietro: ha fatto il servizio militare, mica è un pappamolle.
E cosi eccolo lì seduto nell’arena infuocata di “Servizio Pubblico”. Travaglio gli è di fronte, Rampini in collegamento da New York. E poi se non bastasse c’è Maurizio Belpietro, il fustigatore di Scajola e Fini quelli della casa comprata “a loro insaputa”. E c’è pure Enrico Mentana che le notizie non se le fa certo scappare. E poi, anche se un po’ in disparte, c’è Gianni Dragoni che di questioni industriali-militari se ne intende. Insomma “il top” del giornalismo italiano di ogni schieramento e colore. Da casa attendo trepidante la domanda: “Signor ministro che ci faceva nello spot degli F35?”.
"Gliela farà Rampini" - mi dico. In fin dei conti è lui che ha scovato la notizia. Ma dai! Vuoi che Travaglio si lasci sfuggire l’occasione? Travaglio l’ha scritto chiaro e già da tempo: «…quando si sente parlare il ministro della Difesa Mario Mauro viene la nostalgia non solo della Idem, ma perfino della Biancofiore. E non solo per le fesserie che continua a dire sugli F-35 (“amare la pace significa armare la pace”)… ». Ma no, sarà Belpietro, lui i centristi non li sopporta proprio. Ma guarda che Mentana è astuto e veloce come una faina: appena gli danno la parola ne approfitta e la domanda spinosa la piazza lui al ministro. E poi c’è Santoro, col suo fare magistrale non se la fa certo sfuggire, anche solo per dovere di cronaca.
Vabbè si inizia parlando della Cancellieri e del “caso Ligresti”, in fin dei conti quella è la notizia del giorno. Poi, ovviamente, si passa a Berlusconi (che fa sempre audience) e la polemica sul “voto segreto”. E poi alla legge di stabilità, questa sì interessa gli italiani. E poi finalmente arriva Rampini. “Vedrai adesso gliela piazza la domanda al ministro”. Niente, il giornalista s’inerpica in un panegirico sull’inadeguatezza della classe politica italiana (toh che notizia!) e sulla BCE tanto che Santoro è costretto a fermarlo. Forse a Rampini non hanno detto che in studio c’è il ministro Mauro? O s’è scordato quel che ha scritto la sera prima per Repubblica? E tutti gli altri? "Ma sai, son tutti newsmakers di professione: le notizie loro le producono, mica riciclano quelle della concorrenza" – mi dice un amico che ne capisce di giornalismo. E così la serata si conclude. Nemmeno Vauro accenna alla questione: nessuna vignetta sul “ministro-testimonial a sua insaputa".

Morale della favola
Il ministro Mauro può stare tranquillo. L’unico giornalista che può fargli qualche domanda imbarazzante in televisione sugli F35 (a parte Vauro che però di professione sarebbe “disegnatore e vignettista”) è... Bruno Vespa. Ma non si preoccupi, signor Ministro. L’ultima volta che Vespa l’ha interrogato sugli F35 nel salotto di “Porta a porta” erano le 01:06 del mattino. Ora italiana.



Rifiuti tossici, "il business è ancora attivo. Lo Stato appoggia i boss"

"Lo facevano allora e lo fanno ancora". Dopo le rivelazioni shock sulle dichiarazioni rese nel 1997 alla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e desecretate giovedì, Carmine Schiavone, boss pentito di camorra, parla in esclusiva a Rainews24 del traffico e interramento di rifiuti tossici in Campania e delle conseguenze nefaste per la salute dei cittadini. Nell'intervista, andata in onda ieri, Carmine, cugino di Francesco Schiavone, detto 'Sandokan' e boss dei Casalesi, ha confermato le connivenze tra organi dello Stato e la criminalita' organizzata. "Non puo' esistere - dice il pentito - forma di criminalita' organizzata senza l'appoggio dello Stato", aggiungendo "questo lo fanno ancora". Il pentito dice poi che all'epoca le dichiarazioni rese non servirono a niente e che oggi la popolazione nelle zone in cui sono state interrate tonnellate di rifiuti provenienti da ogni parte d'Italia e da altri Paesi europei "e' condannata a morte".
Cinquecentomila lire a fusto
Per ogni fusto tossico smaltito nelle campagne della Campania la camorra incassava cinquecentomila lire a fronte dei due milioni e mezzo necessari per il ''ciclo'' ordinario. Rifiuti gettati a decine di metri di profondita', fino a toccare le falde acquifere, o coperti solo con pochi centimetri di terreno. E ancora: scarti finiti in 'laghetti', sorti lungo il litorale domizio, dove si e' dapprima dragata la sabbia utilizzata per confezionare calcestruzzo. In questi anni le indagini della magistratura sono andate avanti e sono state fatte tutte le dovute verifiche su quanto raccontato non così però per l’opera di bonifica. Su questo aspetto certamente non secondario è intervenuto il presidente della Camera, Laura Boldrini.

Boldrini: "Impensabile non avvertire i cittadini"
"E' impensabile che cittadini coinvolti come parte lesa in una situazione cosi' grave per il loro futuro non abbiano possibilita' essere informati”, ha detto. Alla luce di quanto emerso "ci saranno ulteriori approfondimenti", ha aggiunto. "Mi auguro ci sia un senso forte della giustizia a prevalere. Lo dobbiamo ai cittadini".
Schiavone dinanzi ai commissari ha ripercorso nel 1997 tutta la storia dell'avvelenamento di alcune terre delle province di Caserta e di Napoli, iniziando da quanto avvenuto nel 1991 quando un autista italoargentino si feri' gravemente agli occhi mentre scaricava, in un terreno tra Villaricca e Qualiano, nel Napoletano, alcuni fusti con sostanze corrosive. Un evento che fu un primo campanello d'allarme. In quell'area, ha detto, sono state scaricati 520 fusti.

"Sulla carta tutto regolare"
I clan in quegli anni capirono che quello dello smaltimento dei rifiuti - soprattutto degli industriali e delle sostanze nocive - poteva essere un business da centinaia e centinaia di milioni di lire al mese. Un affare dapprima trascurato che, secondo Schiavone, iniziava a fare gola a tutti. Scarti industriali provenienti dal nord con una lunga teoria di camion, che viaggiavano attraverso le strade di mezza Italia. 'Contratti' conclusi, ha detto Schiavone, da procacciatori che ben si sapevano muovere.
I rifiuti venivano scaricati di notte e le pale meccaniche vi spargevano velocemente sopra del terreno per far apparire cosi' tutto normale. Ma talvolta la spazzatura finiva anche a 20 o a 30 metri di profondita', ha raccontato ancora. Le scorie venivano da diverse regioni del Nord: sostanze che dovevano essere lavorate diversamente e che finivano puntualmente nel territorio della Campania. Schiavone ha detto che non lontano dalla statale Domiziana, in vasche profonde anche 40 metri, e' stato gettato di tutto. Spazzatura che sulle carte sarebbe dovuta finire in discariche autorizzate ma che invece finiva nei campi. Sulle carte pero' tutte le operazioni erano regolari.

Legambiente:"Ora le bonifiche"
Le rivelazioni di Schiavone hanno suscitato reazioni da piu' parti. Per Legambiente l'audizione dell'ex boss, sulla quale per tantissimi anni c'e' stato il segreto, e' come il segreto di Pulcinella: ha svelato cose, sempre a giudizio degli ambientalisti, che tutti sapevano. La vera partita ora si gioca sulle bonifiche e sull'individuazione di quelle aree che sono realmente avvelenate.

"Ministri in passerella"
Se e' vero che si tratta di circostanze gia' note, le frasi del pentito dei Casalesi confermano - secondo i residenti - anche omissioni decennali delle istituzioni. ''Schiavone ha detto che saremmo morti entro 20 anni? Noi siamo ancora qua - ironizza Renato Natale, ex sindaco di Casal di Principe - e le sue parole, gia' sentite piu' volte, suscitano in me solo perplessita' e sconcerto perche' mi chiedo come sia possibile che dal 1997 lo Stato non si sia mai fatto carico di bonificare realmente il territorio; o meglio, qualcosa e' stato fatto, ma ancora troppo poco. A Casale tante discariche a cielo aperto restano in strada, come e' accaduto in via Sondrio dove oltre un mese fa furono fatti degli scavi alla ricerca di rifiuti tossici. Ho scritto al commissario prefettizio ma non ho avuto risposta''.
Per Giovanni Zara, ex sindaco di Casapesenna sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, "il dramma in tutti questi anni e' che le istituzioni non sono mai intervenute in quei terreni in cui erano stati sversati rifiuti, con gravi danni all'agricoltura e alla salute. Quando ero sindaco avrei voluto ripulire la variante San Cipriano-San Marcellino che passa per Casapesenna e dove vengono sversati soprattutto rifiuti speciali provenienti da aziende del posto, ma mi fu detto che quella zona non si poteva toccare. Bisogna aumentare i controlli sul territorio, ma le centinaia di telecamere installate non funzionano. Cio' che manca e' la volonta' politica".
Peppe Pagano, che a San Cipriano gestisce su un bene confiscato il ristorante Nco (Nuova Cucina Organizzata), al centro di un attentato a colpi d'arma da fuoco nei primi giorni del 2013, e' "completamente sfiduciato dalle istituzioni. Non so se siano vere le affermazioni di Schiavone, ma qui occorre ripristinare la fiducia nello Stato. Siamo stanchi di ricevere ministri che fanno passerella e, cosa piu' grave, distolgono l'attenzione dei cittadini sui reali problemi, dicendo per esempio che qui si muore a causa degli stili di vita".

lunedì 28 ottobre 2013

#Capitaliesteri #condonofiscale #scudofiscale

I furbetti del condonino coccolati dal governo.

Si torna a parlare dei capitali fuggiti all’estero (circa 200 miliardi di euro secondo il Sole 24 Ore) e che il governo vorrebbe far rientrare in Italia. Alla domanda logica se si trattai dell'ennesimo condono o di un altro scudo fiscale di tremontiana memoria, Palazzo Chigi risponde negativamente, perché i nomi non verrebbero scudati e le tasse non verrebbero condonate. I beneficiari avrebbero, solo uno sconto sulle ammende e la pena cancellata. Una rigidità molto formale che il governo ha dovuto annunciare per mettersi al riparo dagli strali dell’Unione Europea e dell’Ocse, i quali hanno fatto sapere che nuovi condoni o scudi fiscali non saranno tollerati. Il governo vorrebbe salvare capra e cavoli da un lato la linea ufficiale contro evasione fiscale, dall’altro il rientro degli ingenti capitali trasferiti all’estero. Secondo quanto riporta oggi un lungo servizio del Corriere della Sera, le nuove norme allo studio prevedono l'autodenuncia da parte dell'evasore, ma solo se il contribuente non è ancora finito nelle maglie del fisco, se non gli sono arrivati a casa questionari o se non sono in programma visite fiscali. A quel punto l'evasore pentito dovrebbe pagate le somme dovute allo Stato, maggiorate dei relativi interessi e delle sanzioni, che però potrebbero essere ridotte a metà della sanzione minima. C’è da crederci visto il maxi-supersconto sulle sanzioni che il governo ha già fatto alle società che gestiscono il gioco d’azzardo e le slot machine. Ci sono casi, però, dove anche l'autodenuncia potrebbe far scattare l'azione penale. In questo caso il governo starebbe pensando alla depenalizzazione del reato di autoriciclaggio. Ci sarebbero agevolazioni anche per i furbetti che si autodenunciano solo a indagini in corso. Anche se nel loro caso non scatterebbe la depenalizzazione, ma “un'attenuante generica”. Sulla efficacia di queste misure pesano i precedenti del passato. Dei 67 miliardi di euro che si calcolava fossero stati trasferiti in Svizzera dall’Italia, con gli scudi fiscali e i condoni tremontiani ne sono rientrati solo 9 miliardi. Secondo il Corriere della Sera, le stime più recenti sui capitali in Svizzera ritengono che questi si aggirino sui 120-180 miliardi, con un’aliquota del 25% sul capitale e un imposta al 25% sugli interessi prodotti, lo Stato italiano totalizzerebbe poco meno di 40 miliardi. Ma la Svizzera ha già lasciato capire che l’aliquota italiana dovrà essere più bassa di quella di altri Paesi, essendo intervenuti negli anni scorsi alcuni condoni che hanno già fatto rientrare capitali in Italia. L’incasso scenderebbe a 10-15 miliardi. E resterebbe il rischio che nel frattempo le banche svizzere spostino i capitali in filiali nei "paradisi fiscali" extraeuropei, quelli che per fargli aprire le cassaforti devi prenderli a cannonate.

sabato 26 ottobre 2013

#Titolispazzatura #economiastrozzina #derivati

Il totale dei derivati vale 870.000 miliardi di euro Nel mondo circolano titoli spazzatura 16,7 volte il prodotto lordo mondiale. Titoli in possesso di banche troppo grandi per poter fallire e troppo potenti per far smettere il loro gioco.

La Goldman Sachs è la banca che possiede (e produce) più titoli spazzatura al mondo. di Glen Ford
La crisi economica ha portato ad un acceso dibattito culturale negli Stati Uniti. Glen Ford è analista del sito di contro informazione International Clearing House. Popoff ha deciso di iniziare a renderne conto. Stanno seminando il mito secondo il quale i "mercati" (banchieri, fondi speculativi e così via) desiderano fortemente la stabilità, quando invece le statistiche demografiche del mondo reale del capitalismo finanziario gridano l'esatto contrario. I Signori del Capitale (i "mercati") sono veri giocatori d'azzardo; hanno trasformato il mercato finanziario mondiale in una perpetua macchina di incertezza, in cui tutta la ricchezza del mondo viene messa più volte in gioco da persone che in verità non la possiedono e in un casinò i cui operatori complottano uno contro l'altro così come i loro clienti abituali. I derivati vengono valutati sei volte di più rispetto a tutta la ricchezza mondiale cumulata.
Il valore figurativo degli strumenti finanziari derivati è adesso stimato a 870.000 miliardi di euro. Questa statistica è fantastica nel vero senso della parola, in quanto ammonta a 16,7 volte il prodotto lordo mondiale, che consiste cioè nel valore di tutti i beni e servizi prodotti ogni anno da ogni uomo, donna e bambino sul pianeta: 52.000 miliardi di euro. I soli derivati sono valutati sei volte più di tutta la ricchezza mondiale accumulata, inclusi tutti i mercati azionari mondiali, i fondi assicurativi e ricchezze di famiglia, 145.000 miliardi di euro.
La maggior parte degli strumenti derivati conosciuti sono posseduti da quelle banche considerate troppo grandi per poter consentire loro di fallire, con le prime quattro banche che contano per più del 90 per cento del totale: J.P. Morgan Chase, Citibank, Bank of America e Goldman Sachs. Ci è stato detto che i derivati sono semplicemente puntate tra partner ben informati - coperture contro le perdite - e che ogni volta che queste istituzioni finanziarie perdono, un'altra ci guadagna, così che non c'è una perdita netta o una minaccia di collasso mondiale. Ma questa è una bugia.
Mai nella storia del mondo il capitale della finanza ha dominato così l'economia reale e solamente negli ultimi due decenni i derivati sono diventati centrali nel capitalismo finanziario. I giocatori non sanno quel che fanno, né tanto meno gliene importa qualcosa. La catastrofe del 2008, causata essenzialmente dai derivati, ha bisogno di un salvataggio, ancora in corso, di decine di migliaia di miliardi di euro. In tutto questo la Federal Reserve compra in blocco titoli che nessun altro acquisterebbe - cioè nessun altro scommetterebbe su essi. Ciò malgrado, l'universo degli strumenti derivati è cresciuto molto di più rispetto al 2008, rimanendo effettivamente illeso dalle cosiddette riforme finanziarie del presidente Obama. Il casinò ha ingoiato il sistema. Le somme che i giocatori puntano non solo hanno un valore molto più grande rispetto a quello del loro portafoglio, ma sono ben sei volte più grandi del patrimonio di ogni istituzione esistente e famiglia sulla terra messi insieme, nonché quasi 17 volte maggiori del valore complessivo del prodotto annuale del genere umano. Anche se venisse offerto in garanzia l'intero pianeta, ciò non basterebbe per coprire le puntate di gioco di Wall Street. Detroit è stata fatta fallire con l'uso su larga scala di derivati e cartolarizzazioni.
Gli eventi del 2008 hanno dimostrato che i crolli dei derivati, come ogni altro evento finanziario speculativo, provocano una serie di conseguenze negative. Gli strumenti derivati incombono sugli Stati Uniti e sulle altre economie cosiddette "mature", avvelenando i sistemi pensionistici e le strutture finanziarie municipali. Detroit è fallita con l'uso su larga scala di derivati e cartolarizzazioni. Quando il casinò è l'economia, tutti siamo costretti a giocare e i primi a perdere tutto sono i poveri. Riformatori di diversi colori politici affermano che i derivati possono essere sia regolamentati per essere meno letali o completamente aboliti, lasciando in questo modo intatta Wall Street.
Tutto questo è palesemente inverosimile. Riproducendo il denaro attraverso la manipolazione, il capitale finanziario non crea nulla. L'esplosione dei derivati è avvenuta perché Wall Street necessitava di una sorta di capitale "fittizio" per poter continuare ad annunciare profitti sempre più alti, cioè presentare portafogli fittizi pieni di puntate di gioco non spendibili o commerciabili. Gli strumenti derivati sono l'espressione ultima del capitalismo finanziario: sono principalmente scommesse sulle transazioni, piuttosto che investimenti sulla produzione. La crescita dei derivati è un segnale che il capitalismo ha fatto il proprio corso e può solo continuare a nuocere all'umanità. L'economia dei derivati è l'ultimo stadio di vita del capitalismo. Se ciò fosse stato compreso dal movimento Occupy Wall Street e fosse stata espressa in primo luogo la necessità di rovesciare e abolire Wall Street, il suo impatto sarebbe stato molto più profondo.




Lavoro, in 6 milioni a casa: scoraggiati e disoccupati, molti sono giovani

Tra i giovani in Italia, per quanto riguarda la situazione lavorativa, parliamo di disoccupati e sfiduciati. Le persone che potenzialmente sarebbero impiegabili nella produzione sono più di 6 milioni, se ai 3,07 milioni di disoccupati aggiungiamo i 2,99 milioni di persone che non cercano impiego, ma sono comunque disponibili a lavorare (tra questi, gli scoraggiati), oppure cercano lavoro, sì, ma non sono disponibili subito. Lo rende noto l'Istat nelle tabelle sul II trimestre 2013.

Nel secondo trimestre 2013 - secondo la tabella sulle 'forze lavoro potenziali' - c'erano infatti 2.899.000 persone tra i 15 e i 74 anni che pur non cercando lavoro in modo attivo sarebbero state disponibili a lavorare (la percentuale è pari all'11,4% più che tripla paragonata alla media europea che invece è pari al 3,6% nel secondo trimestre 2013). A queste si aggiungono inoltre circa 99.000 persone che pur cercando non erano infatti disponibili nell'immediato a lavorare.

Tra gli inattivi che non cercano pur avendo la disponibilità a lavorare, risultano quasi 1,3 milioni di persone 'scoraggiate', quelle che non si sono dunque attivate nella ricerca di un altro lavoro pensando di non poter trovare alcun impiego.

Trovare un lavoro dunque resta una chimera in modo particolare al Sud e tra i giovani: su 3.075.000 disoccupati segnati nel secondo trimestre 2013 quasi la metà sono al Sud (1.458.000), oltre la metà invece sono giovani (1.538.000 tra i 15 e i 34 anni, 935.000, nella fascia 25-34 anni). 

Per le forze di lavoro potenziali il Sud presenta ben 1.888.000 persone sui 2.998.000 inattivi occupabili potenzialmente. Restando sui più giovani sono occupabili potenzialmente nel complesso (ma inattivi) 538.000 persone tra i 15 e i 24 anni e 720.000 tra i 25 e i 34 anni con una prevalenza enorme di quelli che non cercano più. 

L'Istat individua nell'area della «sotto-occupazione» nel secondo trimestre 2013 650.000 persone circa, mentre oltre 2,5 milioni di persone sono occupati con un 'part time involontario, in crescita di più di 200.000 unità paragonato allo stesso periodo del 2012.

venerdì 25 ottobre 2013

#Firenze #25O

#Licenziamenti alla #Electrolux

Electrolux. Duemila licenziamenti. Preoccupazioni anche sui 4 stabilimenti in Italia.

La multinazionale svedese Electrolux ha annunciato il taglio di 2 mila posti di lavoro, ovvero oltre il 3% della propria forza lavoro complessiva a causa dei risultati deludenti del terzo trimestre, che hanno evidenziato un calo del 29% dell'utile a 75 milioni di euro. Il gruppo svedese ha quindi deciso la chiusura di una fabbrica in Australia che dà lavoro a 500 persone e la riduzione degli organici in Europa, Medio Oriente e Africa. Le cifre, annuncia il gruppo potranno essere anche superiori e si studierà il futuro delle quattro fabbriche italiane. Il gruppo ha infatti deciso di «studiare in dettaglio se dovrà mantenere le sue quattro fabbriche italiane». Electrolux impiega in totale oltre 60 mila dipendenti e ha motivato la decisione dei tagli con il fatto che sebbene la domanda in America del Nord e sui mercati emergenti sia in crescita resta in calo nei principali mercati di sbocco dell'azienda in Europa. In Italia Electrolux ha diversi stabilimenti produttivi in Friuli, in Veneto, in Emilia Romagna e in Lombardia.

giovedì 24 ottobre 2013

È solo una questione di ordine pubblico?




Voleva chiudere i centri sociali, finisce nel Pantano
Indagato per corruzione Ascierto, il parlamentare di An che era con Fini a Genova mentre veniva ucciso Carlo Giuliani. Lui: «Chiarirò tutto». 
Era passato alla cronaca per il suo odio per i centri sociali del Nord Est specialmente, e poi per un link che negava l'Olocausto (subito rimosso dal suo sito personale dopo le rivelazioni del Venerdì di Repubblica), e poi per le intercettazioni telefoniche in cui pretendeva di processare tutti quelli che avevano contestato il G8 a Genova. Ma soprattutto era famoso perché accompagnava Fini, allora vice di Berlusconi, al comando dei carabinieri genovese proprio mentre da quelle sale partiva l'ordine di una carica illegittima (come dirà la magistratura) contro un corteo regolarmente autorizzato. Dopo due ore di cariche e spari un suo collega uccise Carlo Giuliani. 

Già, stiamo parlando di un carabiniere. Filippo Ascierto, ex deputato di An poi Pdl. Per sedici anni carabiniere prestato al Parlamento. Secondo la procura di Padova, però, èmolto vicino agli adoratori del "dio Palanca", in pessima compagnia di imprenditori e pubblici funzionari e ufficiali. L'ipotesi di reato è associazione a delinquere finalizzata a numerosi reati contro la Pubblica amministrazione. Il nome dell'operazione - "Pantano" - fotografa precisamente l'habitat di questa specie di politici-sceriffi, di imprenditori, di funzionari. 

I carabinieri e i finanzieri dei comandi provinciali di Padova hanno dato esecuzione in queste ore a otto provvedimenti di custodia cautelare a carico di altrettanti funzionari pubblici e imprenditori. La notizia è stata diffusa dal più diffuso quotidiano cittadino. Sono stati arrestati 5 dipendenti pubblici e 3 imprenditori. Nell'operazione ci sono anche 30 indagati, tra ai quali figura anche l'ex deputato del Pdl Filippo Ascierto. Sono oltre 100 tra finanzieri e militari gli uomini impegnati nell'operazione. Le amministrazioni interessate sono Comune, Provincia, Ater ed Esercito italiano. Sono scattate le perquisizioni in alcuni uffici di Padova. 

Le misure cautelari sono la conclusione di una complessa attività investigativa avviata nel gennaio 2011, condotta con ausilio attività tecniche e riscontri sul campo e terminata nel settembre 2012. Ai provvedimenti restrittivi si aggiungono 22 denunce. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati contro la Pubblica Amministrazione, tra i quali turbativa di asta, abuso di ufficio e corruzione. 

«Le gare pubbliche, per portarle a casa, bisogna esagerare. E dopo correggerle in corso d'opera. Bisogna che sin da quando fai il preventivo, verifichi che si possano modificare delle robe, capito? Perché altrimenti non ne porti a casa nemmeno una», così Manuel Marcon in una telefonata intercettata il 25 gennaio 2011. Thermoidraulica di Unizzi, Marcon Srl, Immobiliare Giorg Snc, Costruzioni Giorg Srl: vincevano sempre loro. Grazie al sistema messo in piedi avevano "occupato" tutti gli spazi offerti dai principali enti in città e provincia. 

Attraverso Aldo Luciano Marcon (direttore generale dell'Ater di Venezia), l'imprenditore Manuel Marcon conosce Filippo Ascierto. Si offre di provvedere alla realizzazione della sua villa sui Colli garantendogli un trattamento di estremo favore sotto il profilo economico. Emblematica la telefonata di Simonetta Liviero, la dipendente del Comune di Padova sorpresa a manipolare le gare d'appalto assieme al suo convivente, che dialoga con il figlio: «Davanti al dio palanca non ci sono né fratelli, nonché amici, nonché parenti».

Ascierto nega tutto, dice che è una tempesta in un bicchier d'acqua. Dice che in questa indagine non c'entra nulla e che chiarirà tutto nelle sedi opportune. E' indagato per corruzione e millantato credito. «L'indagine non riguarda me, ma un gruppo di persone: due di queste hanno effettuato lavori a casa mia quando era in costruzione e sono stati pagati profumatamente con assegni tratti dal mio conto corrente. L'ipotesi quindi di avermi agevolato perché parlamentare cadrà quando esibirò l'estratto conto». «A riguardo dell'ipotesi di millantato credito poi - prosegue Ascierto - penso che non esista un parlamentare che non conosca le istituzioni, e non esiste neppure un parlamentare che non si prodighi lecitamente per aiutare imprese in difficoltà. Quindi, se io ho fatto 'millantato credito', sono nella media del 100 per cento dei parlamentari italiani». Coinvolta anche la sua compagna, Luana Levis (presidente dell'associazione "Andromeda" di Padova, un osservatorio sulla sicurezza creato da Ascierto e affidato alla sua compagna) sulla cui onestà, Ascierto metterebbe la mano sul fuoco. 

La Levis, cointestataria della villa, è stata per dodici anni al seguito del parlamentare. Sempre a spulciare gli archivi dei giornali, si legge che Andromeda ha tra gli sponsor Polare scarl (Polytechnic Laboratory of Research, costituita nel 2008 come consorzio di ricerca senza fine di lucro) con sede a Padova in via Venezia 59/4 nello stesso edificio che ospitava il ristorante all'Onorevole che il deputato Filippo Ascierto aveva dato in gestione, il cui cuoco finì in cella per droga. «Polare dà il suo patrocinio e partecipa alle attività no profit di Andromeda Regione Veneto Onlus» è scritto nel sito della scarl. Ma qui passiamo a un'altra più celebre inchiesta: l'Operazione Tanzania, quella sui soldi della Lega riciclati all'estero. Il boss di Polare è Stefano Bonet balzato agli onori delle cronache perché avrebbe regalato la sua Porsche Panamera al tesoriere della Lega Francesco Belsito in cambio di una intermediazione per un contratto di consulenza. Soldi consegnati a Belsito in un cappello e una borsa per bottiglie di vino, in presenza di un altro imprenditore, Paolo Scala. 

Per la Dda di Reggio Calabria Stefano Bonet, imprenditore veneto di 47 anni, è pesantemente coinvolto nell'inchiesta per riciclaggio che gira attorno a Romolo Girardelli, un faccendiere genovese di 53 anni, legato, per la Dda, ad elementi di primissimo piano dei De Stefano per i quali già in passato avrebbe svolto l'attività di riciclatore grazie alle sue capacità - scrive la procura - di «monetizzazione di "strumenti finanziari atipici" di illecita provenienza». Girardelli era finito nel mirino della Dda già nel 2002 perché considerato legato ad elementi di spicco dei De Stefano, che operavano anche in Liguria e in Francia, tra i quali Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale. Per gli inquirenti Girardelli è socio di Belsito nella Effebi Immobiliare, società con sede a Genova e attiva nel settore immobiliare e commerciale. Ma Girardelli è risultato anche essere responsabile dello sportello genovese di un'altra società, la Polare scarl riconducibile all'imprenditore veneto Stefano Bonet, un altro dei personaggi su cui ruota l'inchiesta insieme all'avvoccato Bruno Mafrici, calabrese d'origine ma trapiantato a Milano (dove ha lo studio), e, appunto, a Paolo Scala, considerato il promotore finanziario di fiducia del gruppo Bonet, specializzato nella gestione di articolate operazioni finanziarie a Cipro (dove risiede). Scriveva nel 2012 la stampa padovana: «Che Stefano Bonet sia il dominus nel Nordest della gang ne sono convinti gli investigatori. La Polare scarl (Polytechnic Laboratory of Research, costituita nel 2008 come consorzio di ricerca senza fine di lucro) è controllata direttamente dall'imprenditore sandonatese (Insieme a Area Impresa Service e a Marco Polo Technology Srl) e, a sua volta, controlla la Polare Electronic Department, la Amon-X e la Venetwork spa». Dai documenti risulta, non solo che Girardelli era l'uomo «Polare» in Liguria, ma anche che la scarl aveva stipulato «un accordo commerciale (per circa 12 milioni di euro con la Siram di Milano) nel settore dell'innovazione e della ricerca, giovandosi del patrocinio politico di Belsito». Accordo che, per gli investigatori, ha dato origine ad una serie di trasferimenti di denaro tutt'altro che chiari. 

Bonet è considerato l'autore di un memoriale che contiene tutti gli affari di Belsito e della Lega: i soldi per la scuola della moglie di Bossi. Il progetto di acquisto dell'hotel Argentina di Genova con altri imprenditori e l'operazione del Sol Levante (discoteca, bar ristorante e stabilimento balneare a Lavagna) per la quale Bonet dice che Belsito gli avrebbe detto che con il Sol Levante avrebbe garantito un rendimento del 3% alla Lega. 

La Restaini, amica di Bonet e di Filippo Ascierto, ora dipendente dell'ufficio legislativo della presidenza del Consiglio, è intercettata al telefono con Erica Rivolta deputata della Lega e assessore comunale a Erba. Le due parlano del fatto che Bonet paga l'affitto dall'associazione Andromeda a Roma, onlus riconducibile a Ascierto attraverso la sua convivente Luana Levis. È quasi mezzanotte del 29 gennaio 2012. Restaini: «Tu lo sai che Bonet paga l'affitto ad Andromeda?». Rivolta: «No!». Restaini: «Io l'ho saputo questa sera perché me l'ha detto in macchina. Gli dà 40 mila euro annui in affitto». Rivolta: «Uhm». Restaini: «E sai che cosa ho saputo? Non so se derglielo o no a Filippo (Ascierto). Che quella si è fatta prestare un sacco di soldi da Stefano». Rivolta: «Bisogna dirglielo sì». Restaini: «Devo dirglielo?». Rivolta: «Secondo me sì». Restaini: «Si è fatta dare 30 mila euro...». Rivolta: «Mamma mia!». Restaini: «Guarda, ho provato un senso di schifo. E la cosa peggiore è che tutti sanno di lei...». Restaini, Ascierto e Bonet si conoscono da tempo. Lui è considerato da Bonet «un fratello» e un tramite che gli può risolvere eventuali problemi con le forze dell'ordine. Ascierto insieme alla Restaini hanno aiutato Bonet a incontrare don Pino Esposito, prelato calabrese che l'ha intro



Pensione e permessi 104: un traguardo a rischio


Nelle scorse settimane la FISH ha evidenziato il forte e crescente disappunto diffuso fra le persone con disabilità e i loro familiari in merito ad un particolare aspetto della riforma pensionistica “Fornero” che sta facendo sempre più sentire il suo peso: permessi e congedi per l’assistenza a persone con gravi disabilità incidono negativamente sul riconoscimento della cosiddetta “pensione anticipata”.

La pensione anticipata viene concessa a chi ha un’anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese se uomo o 41 anni e 1 mese se donna. Questi requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e per il 2014.

Come noto, per richiedere la pensione anticipata non è prevista un’età anagrafica minima, ma chi la richiede prima dei 62 anni subisce una penalizzazione pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2. La Legge 14/2012 ha precisato un elemento: le penalizzazioni non operano se quell’anzianità contributiva “derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.”

Sono esclusi dal computo, quindi, permessi e congedi fruiti dai lavoratori per assistere i familiari con grave disabilità.

La FISH, sollecitando parlamentari e Ministro del Lavoro, ha chiesto di sanare questo paradosso che rappresenta uno “schiaffo” al lavoro di cura assicurato da migliaia di lavoratori.

La sollecitazione è stata raccolta in Commissione Affari sociali: è stato approvato uno specifico emendamento nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 101/2013 (Razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni; atto della Camera 1682). L’emendamento abroga di fatto la norma restrittiva della “riforma” previdenziale Fornero.

Oggi gli emendamenti sono all’esame della Commissione Bilancio, prima di approdare in Aula. Purtroppo vengono riportate voci assolutamente negative: quell’emendamento verrebbe bocciato per assenza di copertura finanziaria.

“Se confermata, la bocciatura di quell’emendamento sarebbe un fatto ulteriormente grave – commenta Pietro Barbieri, Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – un gesto di spregio che disconosce la valenza e la sostanza del lavoro di cura di cui moltissimi lavoratori, soprattutto donne, si fanno carico tutti i giorni, soprattutto per l’assenza e la carenza di servizi pubblici adeguati.”