martedì 17 dicembre 2013
lunedì 16 dicembre 2013
sabato 14 dicembre 2013
#20 #dicembre #manifestazione #cittadina per il #trasporto #pubblico
martedì 10 dicembre 2013
#9dicembre la #storia ci dice.....
venerdì 6 dicembre 2013
giovedì 5 dicembre 2013
martedì 3 dicembre 2013
mercoledì 27 novembre 2013
lunedì 25 novembre 2013
sabato 23 novembre 2013
mercoledì 6 novembre 2013
lunedì 4 novembre 2013
#Roma #ATAC #trasportopubblico e #obbligostraordinari
Roma, la lotta degli autisti contro l'arroganza dell'Atac
Monta la protesta autogestita degli autisti Atac. Oggi è arrivato un piccolo assaggio, la "scopertura dello straordinario". E l'azienda è andata subito in allarme, tanto da mobilitare la prefettura. Il punto è che non si tratta di uno sciopero ma dell'osservanza scrupolosa delle regole del servizio. Per ora i numeri, di quella che possiamo però definire una protesta, sono di tutto rispetto. In undici rimesse Atac tutte percentuali che vanno dall'80 al 100%. Solo in un caso, a Portonaccio, la percentuale di quelli che si sono rifiutati di fare lo straordinario si è fermata al 50%. La protesta durerà per tutta la settimana. Il ballo è appena cominciato. Perché l'Atac è nel panico? Semplice, il lavoro straordinario a causa della forte carenza d'organico, permette che ben il 30% del servizio vada avanti. Senza contare che la media delle ferie non godute dovrebbe aggirarsi intorno ai due mesi. Tutte voci che gravano sul bilancio dell'azienda, ovviamente. Una vera e propria follia gestionale, in una azienda di trasporti dove per ogni autista ci sono quattro addetti amministrativi. Certo, Atac è stata il "fiore all'occhiello" della parentopoli di Alemanno, ma la situazione ormai è al collasso. Mercoledì ci sarà il sit in sotto le finestre del Campidoglio ma gli autisti avvertono "noi ci distingueremo dai sindacati". E non serve tanta fantasia per capirne le ragioni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata corresponsione del premio di risultato pattuito: solo 250 euro su circa 700. E la reazione sindacale si è fatta attendere o è stata inadeguata. Di per sé sembra una cosa da nulla. In realtà, agli occhi degli autisti, che sono costrettti a subire turni massacranti di lavoro, malattie professionali, mezzi inadeguati in tutto e per tutto, fino alla mancanza dei bagni chimici ai capolinea, ha rappresentato l'ultimo torto. E all'ultimo torto, si sa, si reagisce. Basti dire che l'autorganizzazione è nata in poche ore sui socialnetwork ed ha raccolto più di tremila contatti. I dipendenti sono in totale cinquemila. Fatti due calcoli, come si diceva una volta, l'adesione è stata massiccia. "Noi scopriremo gli straordinari dal 4 al 10 novembre - scrivono su Fb -. Se tutto va come deve Roma sarà al tappeto e sarebbe interessante raccontare la verità su una azienda che toglie soldi alla forza lavoro in immensa carenza d organico mentre stipendia i dirigenti con decine di migliaia di euro l anno. Dati pubblicati su internet".
domenica 3 novembre 2013
#PD e #uscitadisicurezza
sabato 2 novembre 2013
I fatti
Giovedì 31 ottobre, “la Repubblica” pubblica a tutta pagina un servizio del suo prestigioso corrispondente da New York, Federico Rampini. Il titolo è lapidario “Il ministro Mauro testimonial degli F35”. Rampini racconta con meticolosità alcuni passaggi dello spot in cui appare il ministro della Difesa italiano che dice: «To love peace you must arm peace. F35 does that». Traduzione: “Per amare la pace devi armare la pace, l’F35 lo fa”. Il commento del giornalista non lascia scampo a dubbi: “Il testimonial per promuovere il controverso caccia-bombardiere, è il ministro della Difesa italiano. Il volto di Mario Mauro, e quella frase virgolettata, campeggiano in testa a un elenco di sponsor stranieri. Ce li mostra, in una proiezione per la stampa a New York, il produttore: Lockheed Martin, colosso dell’industria bellica americana. I dirigenti della Lockheed hanno organizzato uno show di lusso, include la simulazione di volo in un cockpit (cabina di pilotaggio) virtuale dell'aereo militare”.
Una simulazione che – detto tra parentesi – deve aver ammaliato il corrispondente de “la Stampa”, Paolo Mastrolilli. Nel suo reportage da New York l'inviato ci descrive tutte le sue peripezie “Alla cloche dell’F35 nel centro di Manhattan”. Mastrolilli, forse perché troppo indaffarato ad abbattere un Mig 29 che lo inseguiva (nella simulazione, s’intende) e a gongolarsi per la benevola pacca sulle spalle e la lode dell’istruttore di turno non s’è manco accorto dello spot col ministro Mauro. O – anche se se n’è accorto – per lui quella era una non-notizia: “Vuoi mettere – avrà pensato l'esperto corrispondente – l’inezia di raccontare uno spot pubblicitario in cui appare un ministro della Repubblica rispetto all’emozione deflagrante di una simulazione di battaglia su un Joint Strike Fighter a Mac 1.6, la massima velocità possibile, ben oltre il muro del suono!”. (Agli appassionati del genere segnalo la video-notizia in inglese sul sito olandese “De Telegraaf”)
La piccata reazione del ministro Mauro
Al ministro Mauro non dev'essere sembrato vero (di apparire nello spot, intendo, non la delusione di non essere stato invitato alla simulazione di volo sul JSF). Forse perché lusingato o forse perché sgomento, ci ha dovuto riflettere un po’. Sta di fatto che ci ha impiegato più di mezza giornata per far emettere alla sua addetta-stampa un comunicato. Dai toni imperiosi, come s'addice ad un ministro della Difesa: “Chiunque utilizzi in modo improprio, diffamatorio o superficiale l’immagine o le dichiarazioni del ministro della Difesa Mario Mauro, ne risponderà nelle sedi legali deputate”. Punto.
Ma a chi si rivolge il ministro? Alla stampa che riporta la notizia o alla Lockheed Martin che l’ha piazzato – a sua insaputa parrebbe – in uno spottone proiettato alla stampa mondiale nel bel mezzo di Manhattan? Non è dato di sapere. Anche perché, l’addetta stampa del ministro deve aver diffuso il comunicato via fax visto che non appare sul sito del Ministero (forse per non renderlo troppo ufficiale, sai mai che dall'altra parte dell'oceano se ne accorgano) e che l’ultimo tweet del ministro Mauro risale al maggio scorso (chissà, forse pensa che gli americani gli spiino i tweet o vuoi vedere che il ministro ha perso la password?).
Il top del nazional-giornalismo: “Ai suoi comandi, signor Ministro!”
Il ministro Mauro, comunque, ha polsi d’acciaio e nervi calmi. In serata infatti è seduto nell’arena di “Servizio Pubblico”, il caustico programma televisivo condotto da Michele Santoro. Un’arena di fuoco che il ministro già conosce per aver dovuto affrontare le invettive di Vauro proprio sulle spese per gli F35. E sa per certo che stasera dovrà fronteggiare proprio Federico Rampini, il giornalista di Repubblica che in mattinata ha piazzato la notizia della sua apparizione nello spot targato Lockheed. E poi c’è Marco Travaglio. E lui ha il fiuto per le notizie. Le scova come un cane da tartufi nelle Langhe. Ma un ministro della Difesa non può certo tirarsi indietro: ha fatto il servizio militare, mica è un pappamolle.
E cosi eccolo lì seduto nell’arena infuocata di “Servizio Pubblico”. Travaglio gli è di fronte, Rampini in collegamento da New York. E poi se non bastasse c’è Maurizio Belpietro, il fustigatore di Scajola e Fini quelli della casa comprata “a loro insaputa”. E c’è pure Enrico Mentana che le notizie non se le fa certo scappare. E poi, anche se un po’ in disparte, c’è Gianni Dragoni che di questioni industriali-militari se ne intende. Insomma “il top” del giornalismo italiano di ogni schieramento e colore. Da casa attendo trepidante la domanda: “Signor ministro che ci faceva nello spot degli F35?”.
"Gliela farà Rampini" - mi dico. In fin dei conti è lui che ha scovato la notizia. Ma dai! Vuoi che Travaglio si lasci sfuggire l’occasione? Travaglio l’ha scritto chiaro e già da tempo: «…quando si sente parlare il ministro della Difesa Mario Mauro viene la nostalgia non solo della Idem, ma perfino della Biancofiore. E non solo per le fesserie che continua a dire sugli F-35 (“amare la pace significa armare la pace”)… ». Ma no, sarà Belpietro, lui i centristi non li sopporta proprio. Ma guarda che Mentana è astuto e veloce come una faina: appena gli danno la parola ne approfitta e la domanda spinosa la piazza lui al ministro. E poi c’è Santoro, col suo fare magistrale non se la fa certo sfuggire, anche solo per dovere di cronaca.
Vabbè si inizia parlando della Cancellieri e del “caso Ligresti”, in fin dei conti quella è la notizia del giorno. Poi, ovviamente, si passa a Berlusconi (che fa sempre audience) e la polemica sul “voto segreto”. E poi alla legge di stabilità, questa sì interessa gli italiani. E poi finalmente arriva Rampini. “Vedrai adesso gliela piazza la domanda al ministro”. Niente, il giornalista s’inerpica in un panegirico sull’inadeguatezza della classe politica italiana (toh che notizia!) e sulla BCE tanto che Santoro è costretto a fermarlo. Forse a Rampini non hanno detto che in studio c’è il ministro Mauro? O s’è scordato quel che ha scritto la sera prima per Repubblica? E tutti gli altri? "Ma sai, son tutti newsmakers di professione: le notizie loro le producono, mica riciclano quelle della concorrenza" – mi dice un amico che ne capisce di giornalismo. E così la serata si conclude. Nemmeno Vauro accenna alla questione: nessuna vignetta sul “ministro-testimonial a sua insaputa".
Morale della favola
Il ministro Mauro può stare tranquillo. L’unico giornalista che può fargli qualche domanda imbarazzante in televisione sugli F35 (a parte Vauro che però di professione sarebbe “disegnatore e vignettista”) è... Bruno Vespa. Ma non si preoccupi, signor Ministro. L’ultima volta che Vespa l’ha interrogato sugli F35 nel salotto di “Porta a porta” erano le 01:06 del mattino. Ora italiana.
giovedì 31 ottobre 2013
nocensura.com: L'Italia non esiste più. Al suo posto solo caos
Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro: E' morto F.S sommerso dal fango in una vigna
mercoledì 30 ottobre 2013
lunedì 28 ottobre 2013
#Capitaliesteri #condonofiscale #scudofiscale
I furbetti del condonino coccolati dal governo.
Si torna a parlare dei capitali fuggiti all’estero (circa 200 miliardi di euro secondo il Sole 24 Ore) e che il governo vorrebbe far rientrare in Italia. Alla domanda logica se si trattai dell'ennesimo condono o di un altro scudo fiscale di tremontiana memoria, Palazzo Chigi risponde negativamente, perché i nomi non verrebbero scudati e le tasse non verrebbero condonate. I beneficiari avrebbero, solo uno sconto sulle ammende e la pena cancellata. Una rigidità molto formale che il governo ha dovuto annunciare per mettersi al riparo dagli strali dell’Unione Europea e dell’Ocse, i quali hanno fatto sapere che nuovi condoni o scudi fiscali non saranno tollerati. Il governo vorrebbe salvare capra e cavoli da un lato la linea ufficiale contro evasione fiscale, dall’altro il rientro degli ingenti capitali trasferiti all’estero. Secondo quanto riporta oggi un lungo servizio del Corriere della Sera, le nuove norme allo studio prevedono l'autodenuncia da parte dell'evasore, ma solo se il contribuente non è ancora finito nelle maglie del fisco, se non gli sono arrivati a casa questionari o se non sono in programma visite fiscali. A quel punto l'evasore pentito dovrebbe pagate le somme dovute allo Stato, maggiorate dei relativi interessi e delle sanzioni, che però potrebbero essere ridotte a metà della sanzione minima. C’è da crederci visto il maxi-supersconto sulle sanzioni che il governo ha già fatto alle società che gestiscono il gioco d’azzardo e le slot machine. Ci sono casi, però, dove anche l'autodenuncia potrebbe far scattare l'azione penale. In questo caso il governo starebbe pensando alla depenalizzazione del reato di autoriciclaggio. Ci sarebbero agevolazioni anche per i furbetti che si autodenunciano solo a indagini in corso. Anche se nel loro caso non scatterebbe la depenalizzazione, ma “un'attenuante generica”. Sulla efficacia di queste misure pesano i precedenti del passato. Dei 67 miliardi di euro che si calcolava fossero stati trasferiti in Svizzera dall’Italia, con gli scudi fiscali e i condoni tremontiani ne sono rientrati solo 9 miliardi. Secondo il Corriere della Sera, le stime più recenti sui capitali in Svizzera ritengono che questi si aggirino sui 120-180 miliardi, con un’aliquota del 25% sul capitale e un imposta al 25% sugli interessi prodotti, lo Stato italiano totalizzerebbe poco meno di 40 miliardi. Ma la Svizzera ha già lasciato capire che l’aliquota italiana dovrà essere più bassa di quella di altri Paesi, essendo intervenuti negli anni scorsi alcuni condoni che hanno già fatto rientrare capitali in Italia. L’incasso scenderebbe a 10-15 miliardi. E resterebbe il rischio che nel frattempo le banche svizzere spostino i capitali in filiali nei "paradisi fiscali" extraeuropei, quelli che per fargli aprire le cassaforti devi prenderli a cannonate.
domenica 27 ottobre 2013
http://www.controlacrisi.org/notizia/Conflitti/2013/10/27/37597-non-potranno-costringerci-a-disperare/
sabato 26 ottobre 2013
#Titolispazzatura #economiastrozzina #derivati
Il totale dei derivati vale 870.000 miliardi di euro Nel mondo circolano titoli spazzatura 16,7 volte il prodotto lordo mondiale. Titoli in possesso di banche troppo grandi per poter fallire e troppo potenti per far smettere il loro gioco.
La Goldman Sachs è la banca che possiede (e produce) più titoli spazzatura al mondo. di Glen Ford
La crisi economica ha portato ad un acceso dibattito culturale negli Stati Uniti. Glen Ford è analista del sito di contro informazione International Clearing House. Popoff ha deciso di iniziare a renderne conto. Stanno seminando il mito secondo il quale i "mercati" (banchieri, fondi speculativi e così via) desiderano fortemente la stabilità, quando invece le statistiche demografiche del mondo reale del capitalismo finanziario gridano l'esatto contrario. I Signori del Capitale (i "mercati") sono veri giocatori d'azzardo; hanno trasformato il mercato finanziario mondiale in una perpetua macchina di incertezza, in cui tutta la ricchezza del mondo viene messa più volte in gioco da persone che in verità non la possiedono e in un casinò i cui operatori complottano uno contro l'altro così come i loro clienti abituali. I derivati vengono valutati sei volte di più rispetto a tutta la ricchezza mondiale cumulata.
Il valore figurativo degli strumenti finanziari derivati è adesso stimato a 870.000 miliardi di euro. Questa statistica è fantastica nel vero senso della parola, in quanto ammonta a 16,7 volte il prodotto lordo mondiale, che consiste cioè nel valore di tutti i beni e servizi prodotti ogni anno da ogni uomo, donna e bambino sul pianeta: 52.000 miliardi di euro. I soli derivati sono valutati sei volte più di tutta la ricchezza mondiale accumulata, inclusi tutti i mercati azionari mondiali, i fondi assicurativi e ricchezze di famiglia, 145.000 miliardi di euro.
La maggior parte degli strumenti derivati conosciuti sono posseduti da quelle banche considerate troppo grandi per poter consentire loro di fallire, con le prime quattro banche che contano per più del 90 per cento del totale: J.P. Morgan Chase, Citibank, Bank of America e Goldman Sachs. Ci è stato detto che i derivati sono semplicemente puntate tra partner ben informati - coperture contro le perdite - e che ogni volta che queste istituzioni finanziarie perdono, un'altra ci guadagna, così che non c'è una perdita netta o una minaccia di collasso mondiale. Ma questa è una bugia.
Mai nella storia del mondo il capitale della finanza ha dominato così l'economia reale e solamente negli ultimi due decenni i derivati sono diventati centrali nel capitalismo finanziario. I giocatori non sanno quel che fanno, né tanto meno gliene importa qualcosa. La catastrofe del 2008, causata essenzialmente dai derivati, ha bisogno di un salvataggio, ancora in corso, di decine di migliaia di miliardi di euro. In tutto questo la Federal Reserve compra in blocco titoli che nessun altro acquisterebbe - cioè nessun altro scommetterebbe su essi. Ciò malgrado, l'universo degli strumenti derivati è cresciuto molto di più rispetto al 2008, rimanendo effettivamente illeso dalle cosiddette riforme finanziarie del presidente Obama. Il casinò ha ingoiato il sistema. Le somme che i giocatori puntano non solo hanno un valore molto più grande rispetto a quello del loro portafoglio, ma sono ben sei volte più grandi del patrimonio di ogni istituzione esistente e famiglia sulla terra messi insieme, nonché quasi 17 volte maggiori del valore complessivo del prodotto annuale del genere umano. Anche se venisse offerto in garanzia l'intero pianeta, ciò non basterebbe per coprire le puntate di gioco di Wall Street. Detroit è stata fatta fallire con l'uso su larga scala di derivati e cartolarizzazioni.
Gli eventi del 2008 hanno dimostrato che i crolli dei derivati, come ogni altro evento finanziario speculativo, provocano una serie di conseguenze negative. Gli strumenti derivati incombono sugli Stati Uniti e sulle altre economie cosiddette "mature", avvelenando i sistemi pensionistici e le strutture finanziarie municipali. Detroit è fallita con l'uso su larga scala di derivati e cartolarizzazioni. Quando il casinò è l'economia, tutti siamo costretti a giocare e i primi a perdere tutto sono i poveri. Riformatori di diversi colori politici affermano che i derivati possono essere sia regolamentati per essere meno letali o completamente aboliti, lasciando in questo modo intatta Wall Street.
Tutto questo è palesemente inverosimile. Riproducendo il denaro attraverso la manipolazione, il capitale finanziario non crea nulla. L'esplosione dei derivati è avvenuta perché Wall Street necessitava di una sorta di capitale "fittizio" per poter continuare ad annunciare profitti sempre più alti, cioè presentare portafogli fittizi pieni di puntate di gioco non spendibili o commerciabili. Gli strumenti derivati sono l'espressione ultima del capitalismo finanziario: sono principalmente scommesse sulle transazioni, piuttosto che investimenti sulla produzione. La crescita dei derivati è un segnale che il capitalismo ha fatto il proprio corso e può solo continuare a nuocere all'umanità. L'economia dei derivati è l'ultimo stadio di vita del capitalismo. Se ciò fosse stato compreso dal movimento Occupy Wall Street e fosse stata espressa in primo luogo la necessità di rovesciare e abolire Wall Street, il suo impatto sarebbe stato molto più profondo.
venerdì 25 ottobre 2013
#Licenziamenti alla #Electrolux
Electrolux. Duemila licenziamenti. Preoccupazioni anche sui 4 stabilimenti in Italia.
La multinazionale svedese Electrolux ha annunciato il taglio di 2 mila posti di lavoro, ovvero oltre il 3% della propria forza lavoro complessiva a causa dei risultati deludenti del terzo trimestre, che hanno evidenziato un calo del 29% dell'utile a 75 milioni di euro. Il gruppo svedese ha quindi deciso la chiusura di una fabbrica in Australia che dà lavoro a 500 persone e la riduzione degli organici in Europa, Medio Oriente e Africa. Le cifre, annuncia il gruppo potranno essere anche superiori e si studierà il futuro delle quattro fabbriche italiane. Il gruppo ha infatti deciso di «studiare in dettaglio se dovrà mantenere le sue quattro fabbriche italiane». Electrolux impiega in totale oltre 60 mila dipendenti e ha motivato la decisione dei tagli con il fatto che sebbene la domanda in America del Nord e sui mercati emergenti sia in crescita resta in calo nei principali mercati di sbocco dell'azienda in Europa. In Italia Electrolux ha diversi stabilimenti produttivi in Friuli, in Veneto, in Emilia Romagna e in Lombardia.