mercoledì 27 novembre 2013
lunedì 25 novembre 2013
sabato 23 novembre 2013
mercoledì 6 novembre 2013
lunedì 4 novembre 2013
#Roma #ATAC #trasportopubblico e #obbligostraordinari
Roma, la lotta degli autisti contro l'arroganza dell'Atac
Monta la protesta autogestita degli autisti Atac. Oggi è arrivato un piccolo assaggio, la "scopertura dello straordinario". E l'azienda è andata subito in allarme, tanto da mobilitare la prefettura. Il punto è che non si tratta di uno sciopero ma dell'osservanza scrupolosa delle regole del servizio. Per ora i numeri, di quella che possiamo però definire una protesta, sono di tutto rispetto. In undici rimesse Atac tutte percentuali che vanno dall'80 al 100%. Solo in un caso, a Portonaccio, la percentuale di quelli che si sono rifiutati di fare lo straordinario si è fermata al 50%. La protesta durerà per tutta la settimana. Il ballo è appena cominciato. Perché l'Atac è nel panico? Semplice, il lavoro straordinario a causa della forte carenza d'organico, permette che ben il 30% del servizio vada avanti. Senza contare che la media delle ferie non godute dovrebbe aggirarsi intorno ai due mesi. Tutte voci che gravano sul bilancio dell'azienda, ovviamente. Una vera e propria follia gestionale, in una azienda di trasporti dove per ogni autista ci sono quattro addetti amministrativi. Certo, Atac è stata il "fiore all'occhiello" della parentopoli di Alemanno, ma la situazione ormai è al collasso. Mercoledì ci sarà il sit in sotto le finestre del Campidoglio ma gli autisti avvertono "noi ci distingueremo dai sindacati". E non serve tanta fantasia per capirne le ragioni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata corresponsione del premio di risultato pattuito: solo 250 euro su circa 700. E la reazione sindacale si è fatta attendere o è stata inadeguata. Di per sé sembra una cosa da nulla. In realtà, agli occhi degli autisti, che sono costrettti a subire turni massacranti di lavoro, malattie professionali, mezzi inadeguati in tutto e per tutto, fino alla mancanza dei bagni chimici ai capolinea, ha rappresentato l'ultimo torto. E all'ultimo torto, si sa, si reagisce. Basti dire che l'autorganizzazione è nata in poche ore sui socialnetwork ed ha raccolto più di tremila contatti. I dipendenti sono in totale cinquemila. Fatti due calcoli, come si diceva una volta, l'adesione è stata massiccia. "Noi scopriremo gli straordinari dal 4 al 10 novembre - scrivono su Fb -. Se tutto va come deve Roma sarà al tappeto e sarebbe interessante raccontare la verità su una azienda che toglie soldi alla forza lavoro in immensa carenza d organico mentre stipendia i dirigenti con decine di migliaia di euro l anno. Dati pubblicati su internet".
domenica 3 novembre 2013
#PD e #uscitadisicurezza
sabato 2 novembre 2013
I fatti
Giovedì 31 ottobre, “la Repubblica” pubblica a tutta pagina un servizio del suo prestigioso corrispondente da New York, Federico Rampini. Il titolo è lapidario “Il ministro Mauro testimonial degli F35”. Rampini racconta con meticolosità alcuni passaggi dello spot in cui appare il ministro della Difesa italiano che dice: «To love peace you must arm peace. F35 does that». Traduzione: “Per amare la pace devi armare la pace, l’F35 lo fa”. Il commento del giornalista non lascia scampo a dubbi: “Il testimonial per promuovere il controverso caccia-bombardiere, è il ministro della Difesa italiano. Il volto di Mario Mauro, e quella frase virgolettata, campeggiano in testa a un elenco di sponsor stranieri. Ce li mostra, in una proiezione per la stampa a New York, il produttore: Lockheed Martin, colosso dell’industria bellica americana. I dirigenti della Lockheed hanno organizzato uno show di lusso, include la simulazione di volo in un cockpit (cabina di pilotaggio) virtuale dell'aereo militare”.
Una simulazione che – detto tra parentesi – deve aver ammaliato il corrispondente de “la Stampa”, Paolo Mastrolilli. Nel suo reportage da New York l'inviato ci descrive tutte le sue peripezie “Alla cloche dell’F35 nel centro di Manhattan”. Mastrolilli, forse perché troppo indaffarato ad abbattere un Mig 29 che lo inseguiva (nella simulazione, s’intende) e a gongolarsi per la benevola pacca sulle spalle e la lode dell’istruttore di turno non s’è manco accorto dello spot col ministro Mauro. O – anche se se n’è accorto – per lui quella era una non-notizia: “Vuoi mettere – avrà pensato l'esperto corrispondente – l’inezia di raccontare uno spot pubblicitario in cui appare un ministro della Repubblica rispetto all’emozione deflagrante di una simulazione di battaglia su un Joint Strike Fighter a Mac 1.6, la massima velocità possibile, ben oltre il muro del suono!”. (Agli appassionati del genere segnalo la video-notizia in inglese sul sito olandese “De Telegraaf”)
La piccata reazione del ministro Mauro
Al ministro Mauro non dev'essere sembrato vero (di apparire nello spot, intendo, non la delusione di non essere stato invitato alla simulazione di volo sul JSF). Forse perché lusingato o forse perché sgomento, ci ha dovuto riflettere un po’. Sta di fatto che ci ha impiegato più di mezza giornata per far emettere alla sua addetta-stampa un comunicato. Dai toni imperiosi, come s'addice ad un ministro della Difesa: “Chiunque utilizzi in modo improprio, diffamatorio o superficiale l’immagine o le dichiarazioni del ministro della Difesa Mario Mauro, ne risponderà nelle sedi legali deputate”. Punto.
Ma a chi si rivolge il ministro? Alla stampa che riporta la notizia o alla Lockheed Martin che l’ha piazzato – a sua insaputa parrebbe – in uno spottone proiettato alla stampa mondiale nel bel mezzo di Manhattan? Non è dato di sapere. Anche perché, l’addetta stampa del ministro deve aver diffuso il comunicato via fax visto che non appare sul sito del Ministero (forse per non renderlo troppo ufficiale, sai mai che dall'altra parte dell'oceano se ne accorgano) e che l’ultimo tweet del ministro Mauro risale al maggio scorso (chissà, forse pensa che gli americani gli spiino i tweet o vuoi vedere che il ministro ha perso la password?).
Il top del nazional-giornalismo: “Ai suoi comandi, signor Ministro!”
Il ministro Mauro, comunque, ha polsi d’acciaio e nervi calmi. In serata infatti è seduto nell’arena di “Servizio Pubblico”, il caustico programma televisivo condotto da Michele Santoro. Un’arena di fuoco che il ministro già conosce per aver dovuto affrontare le invettive di Vauro proprio sulle spese per gli F35. E sa per certo che stasera dovrà fronteggiare proprio Federico Rampini, il giornalista di Repubblica che in mattinata ha piazzato la notizia della sua apparizione nello spot targato Lockheed. E poi c’è Marco Travaglio. E lui ha il fiuto per le notizie. Le scova come un cane da tartufi nelle Langhe. Ma un ministro della Difesa non può certo tirarsi indietro: ha fatto il servizio militare, mica è un pappamolle.
E cosi eccolo lì seduto nell’arena infuocata di “Servizio Pubblico”. Travaglio gli è di fronte, Rampini in collegamento da New York. E poi se non bastasse c’è Maurizio Belpietro, il fustigatore di Scajola e Fini quelli della casa comprata “a loro insaputa”. E c’è pure Enrico Mentana che le notizie non se le fa certo scappare. E poi, anche se un po’ in disparte, c’è Gianni Dragoni che di questioni industriali-militari se ne intende. Insomma “il top” del giornalismo italiano di ogni schieramento e colore. Da casa attendo trepidante la domanda: “Signor ministro che ci faceva nello spot degli F35?”.
"Gliela farà Rampini" - mi dico. In fin dei conti è lui che ha scovato la notizia. Ma dai! Vuoi che Travaglio si lasci sfuggire l’occasione? Travaglio l’ha scritto chiaro e già da tempo: «…quando si sente parlare il ministro della Difesa Mario Mauro viene la nostalgia non solo della Idem, ma perfino della Biancofiore. E non solo per le fesserie che continua a dire sugli F-35 (“amare la pace significa armare la pace”)… ». Ma no, sarà Belpietro, lui i centristi non li sopporta proprio. Ma guarda che Mentana è astuto e veloce come una faina: appena gli danno la parola ne approfitta e la domanda spinosa la piazza lui al ministro. E poi c’è Santoro, col suo fare magistrale non se la fa certo sfuggire, anche solo per dovere di cronaca.
Vabbè si inizia parlando della Cancellieri e del “caso Ligresti”, in fin dei conti quella è la notizia del giorno. Poi, ovviamente, si passa a Berlusconi (che fa sempre audience) e la polemica sul “voto segreto”. E poi alla legge di stabilità, questa sì interessa gli italiani. E poi finalmente arriva Rampini. “Vedrai adesso gliela piazza la domanda al ministro”. Niente, il giornalista s’inerpica in un panegirico sull’inadeguatezza della classe politica italiana (toh che notizia!) e sulla BCE tanto che Santoro è costretto a fermarlo. Forse a Rampini non hanno detto che in studio c’è il ministro Mauro? O s’è scordato quel che ha scritto la sera prima per Repubblica? E tutti gli altri? "Ma sai, son tutti newsmakers di professione: le notizie loro le producono, mica riciclano quelle della concorrenza" – mi dice un amico che ne capisce di giornalismo. E così la serata si conclude. Nemmeno Vauro accenna alla questione: nessuna vignetta sul “ministro-testimonial a sua insaputa".
Morale della favola
Il ministro Mauro può stare tranquillo. L’unico giornalista che può fargli qualche domanda imbarazzante in televisione sugli F35 (a parte Vauro che però di professione sarebbe “disegnatore e vignettista”) è... Bruno Vespa. Ma non si preoccupi, signor Ministro. L’ultima volta che Vespa l’ha interrogato sugli F35 nel salotto di “Porta a porta” erano le 01:06 del mattino. Ora italiana.