sabato 24 agosto 2013

Di #grazia in #disgrazia!

#grazia #Berlusconi #politicaitaliana

Di grazia in disgrazia!

La stagnazione domina la politica italiana e la cecità psicologica è tale che la paralisi è vissuta dai più come stabilità. Vista in una prospettiva filosofica o psicoanalitica la nostra vita è retta sui paradossi - nel senso che non possiamo accedere al significato della nostra esistenza se non in chiave antinomica - ma quando i paradossi diventano moneta corrente dei nostri scambi quotidiani, senza che nessuno si preoccupi, ciò può avere una sola spiegazione: stiamo sguazzando nella melma che sarà pure disgustosa ma ha una sua funzione calmante, ansiolitica. Dei paradossi e dei ragionamenti illogici è sufficiente citare uno esemplare, in grado di rappresentare l'essenza del meccanismo che li determina. Lo spread è a livelli notevolmente bassi e questo si attribuisce alle larghe intese tralasciando pigramente un fatto: dal governo Monti ad oggi il debito pubblico - la causa acclamata dello spread- non ha mai smesso di crescere. Si preferisce soggiornare nella contraddizione nonostante la sua ovvia soluzione: la deregulation prolungata dei mercati globali (la vera causa della crisi) ha mandato il meccanismo degli scambi in panne e gli speculatori mondiali tifano per il congelamento di una situazione i cui sviluppi sono sfuggiti dalle loro mani (come era prevedibile). Il rifugiarsi disperatamente nell'immobilità (la materia prima dei paradossi con cui si convive) è il risultato dell'occultamento dei conflitti a partire da quello tra un'economia regolata in nome dell'interesse collettivo e un mercato senza freni che sta distruggendo i legami solidali e i rapporti di scambio. Dell'esigenza di annullare i conflitti si è fatto interprete da noi il presidente del consiglio. Nel tuonare contro i «professionisti del conflitto» ha oscurato il conflitto politico vero (tra chi persevera nella ricerca di uomini della provvidenza e chi aspira alla costruzione di soggetti politici collettivi capaci di ricostruire dalle macerie), permanendo nello scontro sul destino giudiziario di Berlusconi: una gazzarra che va in scena nei media (dando dignità politica alle argomentazioni disoneste sul piano intellettuale dei sostenitori del recluso di Arcore). La faccenda di Berlusconi è chiara: un uomo si è fatto scudo del potere politico per violare la legge e la giustizia l'ha sanzionato nel rispetto del giusto equilibrio tra i poteri. Chiedere la grazia è suo diritto ma il presidente della repubblica non è nella condizione di concedergliela. Se lo facesse, non solo violerebbe la costituzione italiana (e il senso stesso della legalità democratica) ma legittimerebbe anche un funzionamento mentale collettivo prossimo a quello che Freud ha definito «processo primario »: un pensiero che non rispetta il principio aristotelico della non contraddizione e nel quale una cosa coesiste con il suo contrario. Il conflitto tra cose opposte è annullato e insieme la possibilità di scelta e l'elaborazione delle contraddizioni con grave danno del rapporto con la realtà. Costruire villaggi di larghe intese a valle quando a monte la diga del conflitto non riconosciuto scricchiola è la peggiore scelta possibile.

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